Piovre #22: Salvami l’ano

Ho uno strano rapporto con il cemento. So che può sembrare una strana frase da dire, ma statemi a sentire: da quando sono nato, soffro di una forte allergia e quando si fa primavera, il mio naso diventa una fottuta cloaca. È divertente, quanto ridicolo, sapere che quando il mondo si prepara a rinascere, il sole, il caldo, la bella stagione, io sono costretto a tapparmi in casa. Sono allergico a tutto, pollini, graminacee, ulivi… Tutto! In altre parole, sono allergico allo sperma dei fiori – e pure questa mi sembra una frase abbastanza strana – per cui vivere in posti pieni di asfalto mi aiuta, ecco, pur riconoscendone il dramma ecologico. E il caldo che emana d’estate.

Le notizie che arrivano sulla questione abusi a Milano sono preoccupanti, ma allo stesso tempo soddisfacenti. Milano c’ha abituati bene, a partire da Tangentopoli, evidentemente è la città giusta per fare la scarpetta. E in effetti, per me che c’ho vissuto 5 anni, passeggiare in quartieri come City Life o Garibaldi era come passeggiare in un tunnel di soldi. Ti rendi proprio conto che c’è qualcosa che non va, quando vivi in una città che disincentiva la povertà, nel senso che se ne tiene ampiamente alla larga. I dati sulla turbo-trasformazione del capoluogo sono quantomeno indigesti: gli aumenti dei costi della vita sono saliti al doppio rispetto alle medie nazionali, quelli abitativi sono cresciuti del +4.6% (rispetto al +2.1% del resto del Paese), come anche quelli per le spese sanitarie (+3% contro +1.6%) e quelli per le attività culturali e ricreative (+4.5% contro +3.7%), al punto che il 62% degli under 40 domiciliati o residenti a Milano spendono per vivere più di quanto guadagnano lavorando. È pure vero che, tra il 2014 e il 2018, grazie anche all’Expo, si stima ci sia stata un’entrata di oltre 15 miliardi di euro, che però non sono stati destinati in politiche sociali a quanto pare, ma in investimenti edilizi, atti solo a fomentare ed ingrandire la bolla finanziaria ed immobiliare del capoluogo lombardo.

E arriviamo al punto: il 16 luglio scorso, il procuratore di Milano Marcello Viola, insieme alla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e ai sostituti Maurizio Clerici, Marina Petruzzella e Paolo Filippi, ha emesso un’ordinanza di 29 pagine, che denuncia il sistema di corruzione milanese per l’urbanistica, indicando 21 indagati e chiedendone l’arresto per 6. Tra i nomi, troviamo quello di Giuseppe Marinoni, progettista privato e presidente, dal 2021 al 2025, della Commissione paesaggio del Comune di Milano; di Giancarlo Tancredi, assessore all’urbanistica del comune di Milano; di Manfredi Catella, ceo di Coima Sgr; di Alessandro Scandurra, ex componente della Commissione; di due costruttori, Andrea Bezzicheri, leader della Bluestone, e Federico Pella, fondatore della società J+S. Citati anche il sindaco Giuseppe Sala e gli architetti Stefano Boeri (già indagato per il Bosco Navigli e la Beic), Antonio Citterio e Patricia Viel.
Secondo i pm, aiutati dalle indagini della Guardia di finanza, a Milano, oltre l’ufficiale piano regolatore, il Pgt (piano di governo del territorio), ce n’è un altro ufficioso, che decide chi costruisce, cosa e dove, in base alle pressioni politiche causate dai numerosi conflitti d’interesse all’interno della Commissione e del Consiglio. È lo stesso Marinoni, indicato come la “cupola” di tutto il sistema, che gestiva la vasta operazione di speculazione urbanistica, nella doppia veste di progettista privato e componente pubblico della Commissione. Incontrava di persona, accompagnato dall’assessore Tancredi, gli operatori privati delle aziende costruttrici, che spesso usavano gli stessi progettisti come intermediari, per decidere quali lavori sarebbero partiti, in cambio non di soldi (Tangentopoli docet), ma di perizie e consulenze generosamente gratuite, che spesso servivano proprio in Commissione, per avere pareri – naturalmente positivi – per progetti diversi, per un totale di 3.4 milioni di euro di incarichi.
Un conflitto d’interessi di una tale portata, da diventare un sistema “legalizzato”, e la corruzione ne è semplicemente una conseguenza.

E Sala? Attualmente, l’inquilino di Palazzo Marino è indagato per falso e induzione indebita, ma secondo la Procura, la responsabilità del sindaco starebbe soprattutto nella nomina di Marinoni a presidente della Commissione per il paesaggio e nella delibera di giunta che ha conferito allo studio di progettazione di Marinoni il patrocinio gratuito del Comune per avviare uno studio sulla rigenerazione urbana. Trattasi di un dossier che prevede l’individuazione di “svincoli per generare centralità urbane”, ma che poi, di fatto, è semplicemente uno strumento per aggirare le regole e facilitare l’avvio di un piano d’affari, che va oltre la semplice approvazione dei singoli appalti.
In questo senso, interessante è la vicenda del Pirellino, per capire il modus operandi di questi signori: trattasi di un vecchio grattacielo in via Pirelli 39, a Gioia, venduto alla Coima di Catella, nel 2019. Ora, Catella ha intenzione di costruirci accanto un secondo, nuovo, lussuoso palazzo di 25 piani, la Torre Botanica di Stefano Boeri, sul modello del Bosco Verticale poco distante da lì. Problema: la Commissione dà per due volte un parere negativo al progetto, così l’asse Tancredi-Catella-Boeri comincia a fare pressione proprio su Sala. Così, magicamente i due pareri negativi si trasformano in uno positivo, seppur con delle condizioni, perché Catella vuole costruire delle residenze di lusso, ma il piano regolatore parla chiaro: per interventi residenziali così imponenti, una parte dell’opera deve essere a Ers (edilizia residenziale sociale). E in effetti pare brutto, tra i grattacieli, piazza Gae Aulenti e la BAM, metterci una casa popolare cozza, è antiestetico proprio! Ma tranquilli, infatti ecco una bella delibera di giunta firmata Beppe, grazie alla quale, solo in questo caso, il Comune alza il limite di trasformazione d’uso da uffici a residenza, sopra il quale si devono costruire le case popolari. Catella è contento, la Coima pure, Boeri avrà avuto una polluzione notturna, e i poveri sono rimasti nei loro quartieracci di merda (sapete no, per entrare a Gioia ti chiedono la dichiarazione dei redditi, tipo check point).

E la cosa straordinaria è stata la reazione della politica.
Già con la Salva-Milano, il mega condono per gli abusi edilizi milanesi, si era cominciato a capire l’entità della mangiatoia, ma adesso le cose sono più evidenti che mai.
I 5 Stelle chiedono le dimissioni di Sala e delle altre figure istituzionali coinvolte, come anche quelli della Lega, che prima hanno appoggiato il condono, ma adesso fanno i finti giustizialisti, giusto per fare politica. Il resto del centrodestra si appella al garantismo: “Penso che la magistratura debba fare il suo corso, per quello che riguarda il sindaco io non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l’automatismo delle dimissioni, non cambio posizione in base al colore politico dell’indagato” (Giorgia Meloni, Tg1). Il Pd come sempre si è spaccato in due, tra chi vuole salvare la faccia, gli stessi che avevano votato contro in Senato per il disegno di legge, e chi vuole salvare il culo, l’ala schleiana, che soffre delle pressioni dei gruppi milanesi, ma soprattutto non vuole perdere il prestigio di governare nel capoluogo lombardo.

Sala si è dichiarato estraneo ai fatti e ha accusato i giornalisti e la magistratura.
Come viene facile pensare, per scollargli il culo dalla sedia a Palazzo Marino, o lo arrestano o lo ammazzano.