Piovre #17 e mezzo: Questioni di quorum II [Edizione gastrica]

Non credo di aver litigato così tanto frequentemente nella mia vita come negli ultimi dieci giorni. Io mi definisco un “polemista” – che è solo una bella parola per evitare di dire “cacacazzi” –, le discussioni, i litigi sono le tra le cose che più apprezzo, odiare e farmi odiare sono le mie attività preferite, ma sul serio, come mi si è incarognito lo stomaco ultimamente veramente mai (ho anche cominciato a prendere il pantoprazolo).
Il bello è che poi si è concentrato tutto quanto in questo fine settimana: già le dichiarazioni dei rappresentanti del governo durante tutto maggio non è che siano state proprio digeribilissime, in più venerdì un amico c’ha tenuto a rivendicare che “se sono un’azienda e voglio licenziare la mia segretaria perché non è abbastanza fregna e mi fa guadagnare di meno, devo avere la libertà di farlo”, appellandosi, peraltro, al fraintendimento più contorto del concetto di libertà. Delle belle posizioni devo dire, infatti quasi mi dispiace che vadano perdute in una chat privata di Whatsapp, per cui, le prossime volte che lo vedrò flirtare con una tipa, mi prenderò la “libertà” di intromettermi nella faccenda per introdurre il discorso (perché comunque è inaccettabile che questa persona scopi, tra l’altro più di me).
Poi sabato era il compleanno di mia nonna e ho avuto il piacere di avere una bella conversazione con un amico di famiglia, che “io non vado a votare, tanto non serve a un cazzo!”. Poi, vista la scarsità delle sue argomentazioni, ha cominciato ad invocare Hitler, Mussolini e a fare saluti romani. Dice che ha votato per Marco Rizzo. Una persona confusa e disturbata. Il tipo (vabbè, pure Marco Rizzo). E fa pure l’avvocato, infatti spero che certe esternazioni se le conceda pure in tribunale, quando indossa la toga, così magari lo radiano. Fallito! Fortunatamente sono anni che mia nonna soffre di demenza e non ci capisce un cazzo mai, per cui spero si sia risparmiata la visione del camerata in giro per casa sua…

Comunque, bile a parte, nel pomeriggio di lunedì scorso sono arrivati i pessimi risultati dei cinque quesiti referendari e ce lo si poteva aspettare: partecipazione al 30,6%, 14 milioni di votanti su 50, una media compatta dell’88% per il Sì riguardo i quattro quesiti sul lavoro, mentre un modesto 65% per quello sulla cittadinanza; poi circa 300mila, tra schede bianche e schede nulle (immagino che cosa si siano potuti inventati gli “elettori”, bestemmie, espettorato, fluidi corporei…).
Comunque, è stato un flop, ma come sempre ci si concentra poco sui fatti e tanto sulle reazioni.
I giornali, che fino alla settimana scorsa i referendum non se li erano proprio cacati di filo, martedì titolano: “Delusione a sinistra, ma in 14 milioni avvertono Meloni” (Domani); “Il referendum fallisce, ma la sfida continua” (la Repubblica); “Resa dei conti a sinistra” (Quotidiano Nazionale). Non so cosa si aspettano di preciso i giornali dal po po di sinistra che ci ritroviamo, però ok, l’importante è crederci! E poi i miei preferiti: “Il PD si schianta sui referendum” (La Verità), “Umiliati e contenti” (il Giornale); “Che goduria” (Libero). E, mi duole dirlo, ma stranamente mi trovo allineato con questi ultimi, non tanto per le argomentazioni, sia chiaro, Belpietro, Sallusti e Sechi non è che abbiano delle visioni poi così coerenti con la mia (soprattutto Sechi, che notoriamente di “visioni” ne ha ben due contemporaneamente), quanto più sui commenti: la verità è che, qualsiasi cosa dicano Schlein o Landini, è stata una sconfitta e c’è veramente poco da fare a riguardo. Tutta la narrazione del “e adesso ci possiamo contare a vicenda” o del “siamo di più degli elettori di destra” non regge, è viltà mista a un’evidente poca propensione alla politica di parecchi esponenti della sinistra parlamentare attuale.
In primo luogo, circa 1/3 dell’elettorato di centro-sinistra non si è recato alle urne (mentre 1/5 di quello di centro-destra ha ignorato le raccomandazioni di Meloni, Tajani e Salvini e ha votato lo stesso) e questo denota, oltre una certa carenza comunicativa, anche una mancanza di prospettive unitarie, per quanto riguarda il coinvolgimento e la partecipazione attiva alla vita politica della gente che ti vota. E poi, invece di accettare la sconfitta e prendersela con quelli – dei tuoi – che non sono andati a votare e t’hanno lasciato a piedi, le opposizioni hanno fatto quello che oramai fanno da anni, ovvero prendersela con Meloni, che mai come questa volta non c’entrava un cazzo. Oramai è sempre così, capirai, la premier è diventata un po’ il refugium peccatorum di questi signori. D’altronde, quando ti mancano i punti di riferimento, ricordati che Meloni è una fascista!
Anzi, oltre a prendersela con lei, le hanno pure fatto un assist per farsi prendere per il culo: nel 2022, i voti del centro-sinistra erano già circa gli stessi del centro-destra, ma siccome non esiste una coalizione di centro-sinistra, i partiti sono andati da soli e adesso dobbiamo parlare di “opposizioni”, con la i. Poi, rivendicare dei referendum con una così bassa affluenza come una vittoria mi sembra veramente una cosa da poveracci, un palliativo, una scusa per evitare di ammettere la sconfitta, una propaganda falsa, fatta di fantasie artificiali a cui nessuno crede, neanche loro (serafico il titolo de il manifesto “Vuoto a perdere”). E infatti si leggono sui canali ufficiali dei partiti di maggioranza cose del genere: “L’unico vero obiettivo di questo referendum era far cadere il Governo Meloni. Alla fine, però, sono stati gli italiani a far cadere voi. AVETE PERSO”, oppure “Enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità e che non riesce a mobilitare neanche i propri elettori”. Cioè, questi riescono a farsi dare degli inconcludenti da Salvini!

Non lo so, mi sento deluso come mia sorella, che è stitica, quando esce dal bagno scuotendo la testa demoralizzata, perché “dai, questa volta ce la facciamo”, ma alla fine non ha cacato come sempre.

E poi è arrivato lui, l’oscuro mietitore, il delegato della morte, Marco Cappato, che ha indetto una campagna firme per una legge d’iniziativa popolare per l’abolizione del quorum, che in sole 24 ore ha raccolto più di 60mila adesioni. C’è stata anche una semi-risposta da parte della maggioranza, ma nulla di ufficiale, che parrebbe intenzionata ad aumentare la soglia minima di firme per la presentazione dei quesiti, portandola da 500mila a 1 milione, come ha anche affermato Maurizio Lupi, leader di NM, che ha aggiunto che “la raccolta firme online ha semplificato le procedure”, rendendo il raggiungimento della soglia troppo semplice. Ecco, i moderati-liberali sono veramente il male della politica di questo Paese, danno ragione e torto a tutti: sono favorevoli agli strumenti della democrazia diretta, ma limitandoli il più possibile, ambiscono alla massima partecipazione, ma poi sono intimoriti dalla poca competenza in materia dei quesiti, da parte degli elettori, pur continuando a non fare informazione funzionale (come nessuno fa, peraltro, neppure chi i referendum li presenta).
Ora, al di là dei pareri personali, abolire o anche solo abbassare il quorum, siccome è dal 2011 che i referendum in Italia sono sostanzialmente solo uno spreco di soldi pubblici, mi sembra semplicemente la risposta all’andazzo generale. Ma come anche i referendum stessi, che spesso sono iniziative che nascono non tanto dagli effettivi problemi, ma semmai dall’immobilismo parlamentare (e quindi legislativo) in merito. Come questi, ad esempio! Poi certo, è chiaro che problemi come il precariato, la sicurezza sul lavoro o l’integrazione non si risolvono abrogando pezzi di leggi già esistenti, gli strumenti di democrazia diretta non sono fatti per ribaltare il Paese (a parte evidenti eccezioni, soprattutto nella storia d’Italia), servono piuttosto a mandare dei messaggi, ad imbeccare la politica e incitarla a fare il suo lavoro. E credo che in un parlamento che funzioni, visti più di 12 milioni di voti favorevoli (cioè circa la metà di quelli delle scorse tornate elettorali), si dovrebbe come minimo prenderli in considerazione e semmai agire di conseguenza, perché limitarsi a dire che non si è raggiunto il quorum e quindi “gli italiani hanno deciso così”, oltre ad essere falso, perché quelle della settimana scorsa non sono state delle votazioni contrarie, ma nulle, è anche poco rappresentativo.

E poi che fine fa il pluralismo di cui ci riempiamo tanto la bocca? Lo ingoiamo insieme al Gaviscon?