La settimana scorsa è stato eletto il nuovo papa e ho rosicato, perché era giovedì e stavo scrivendo il pezzo vecchio, per cui mi sono sentito poco al passo con i tempi. Tecnicamente, questa dovrebbe essere una rubrica di attualità, ma alla fine il mondo si rivela sempre più veloce di me. Vabbè, ero in camera al pc, poi è arrivato mio padre tutto trafelato: “Fumata bianca! Fumata bianca!”. Era pomeriggio, mo dovete capire che mio padre normalmente sta in studio fino a ora di cena e poi torna a casa. Manco a di’, sai, fosse stato un fine settimana… Era giovedì! In più, onestamente, a me mio padre non è mai sembrato questo grande cristiano, anzi, mi sa che l’ultima volta che è entrato in chiesa sarà stato durante la mia prima comunione. Anch’io non ci metto piede da allora e la mia vita non segue propriamente dei dettami religiosi. Infatti, se mai dovessi rientrare in un qualsiasi luogo di culto, probabilmente prenderei fuoco all’istante. Insomma, manco da circa 15 anni, e non so bene spiegarmelo, ma credo che ci sia una sorta di piano malvagio del destino, che in qualche modo vuole farmici riavvicinare: ho cambiato tre case in vita mia, TUTTE vicino a chiese. “Vicino” nel senso a 20 metri di distanza, che senti le campane dalle 6 di mattina… Comunque, è sempre strano vedere mio padre interessato, a modo suo, anche semplicemente alla ritualità. A Pasqua, quest’anno, è rientrato a casa con un rametto di ulivo benedetto, preso nel giardino della chiesa sotto casa, accuratamente riposto in un vasetto, in cucina. E mentre lo vedevo tutto premuroso, con quel coso in mano, non riuscivo a non pensare a tutte le bestemmie che gli ho sentito dire, quando stava sul divano, a vedere il Milan… Qualche giorno fa, a tavola, gli faccio:
– “Ma tu credi veramente in Dio?”
– “Certo!”
– “Lo stesso che ti ha fatto venire il cancro? E lo ha fatto venire anche a mamma? E pure a tua figlia?”
– “I piani di Dio sono imprevedibili.”
È arrivato il chierichetto, ma vaffanculo!
Praticamente una maggioranza polacca per Robert Francis Prevost, che la settimana scorsa è stato eletto Papa Leone XIV, dopo appena due giorni di Conclave. Non si capisce per quale motivo non ci siano dei numeri esatti, tutti i giornali e i siti di informazione parlano di “più di 100 voti”. Comunque, giovedì 8 maggio devo dire che è una data quantomeno sospetta, anche per l’elezione di un papa, soprattutto se statunitense. Infatti, venerdì 9 maggio, il giorno dopo, in Russia – e in altri Paesi dell’Europa orientale – si è celebrata la Giornata della vittoria, in memoria della capitolazione della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale e in commemorazione delle 27 milioni di vittime sovietiche. Stranamente, ma sarà un caso, nessuno ne ha parlato, di sicuro non i giornali, che dedicano le loro prime pagine – giustamente – al nuovo pontefice, ma alla sontuosa parata di Mosca neppure un trafiletto. E titolano, con grande fantasia devo dire: “Il Papa americano” (la Repubblica) e “Il Papa americano: pace” (Corriere della sera), proprio per rimarcare il fatto che sono due giornali diversi, con opinioni anche discordanti. D’altronde, quel “due punti pace” cambia tutto!
Durante il suo discorso a San Pietro e anche nelle sue altre apparizioni di questi giorni, il nuovo papa ha parlato spesso di pace. Ora, a me, sinceramente, ogni volta che sento pronunciare a un papa la parola “pace”, viene quasi automatico ricordare Corrado Guzzanti ne Il caso Scafroglia, che prende per mano Marco Marzocca e dice: “Pensiamo alla guerra e diciamo una parola forte. Guerra brutto! Guerra brutto! Guerra brutto!”, ma non tanto per mancanza di fiducia nei confronti della classe clericale, quanto più per il fatto che ai soggetti a cui queste parole sono veramente rivolte, i capi di stato o i rappresentanti dei governi, non frega un cazzo proprio, le usano solo nei loro bei discorsi in parlamento.
Non che questi ecclesiastici facciano qualcosa per evitare di farsi odiare. Subito dopo l’elezione di Papa Leone XIV, infatti, il Washington Post ha pubblicato le accuse del Survivors Network of Those Abused by Priests, riguardo il coinvolgimento del nuovo pontefice in alcuni avvenimenti di abuso sessuale ai danni di minori da parte di sacerdoti, durante il suo periodo di vescovado a Chiclayo, in Perù. Presente quando, durante il discorso dell’8, Prevost ha cominciato a parlare in spagnolo, rivolgendosi alla “mia amata diocesi”? Quella! Anne Barrett Doyle, co-direttrice di Bishop Accountability, ha scritto di come il Papa, prima come capo dell’ordine agostiniano, poi come vescovo di Chiclayo e infine come prefetto del Dicastero per i Vescovi, ha supervisionato il caso, senza mai però rivelare nomi o informazioni, né tantomeno privare gli accusati dei loro titoli. I fatti in questione – stando alle testimonianze delle vittime – sono avvenuti tra il 2006 e il 2010 e riguardano le molestie e gli stupri da parte di padre Eleuterio Vàsquez-Gonzales e padre Ricardo Yesquén Paiva, che erano stretti collaboratori dell’allora vescovo, ai danni delle sorelle Ana María, Juana Mercedes e Aura Teresa Quispe Diaz, all’epoca dei fatti, di età compresa tra i 9 e i 14 anni. La prima denuncia, presentata nell’aprile 2022 proprio a Prevost, accusava i preti di aver costretto le tre bambine a trascorrere con loro la notte, denudandole e palpeggiandole, durante viaggi missionari organizzati dalla diocesi. Prevost, però, prima si rifiutò di occuparsi del caso, consigliando alle donne di rivolgersi alla giustizia ordinaria, poi fece scrivere loro una denuncia all’autorità ecclesiastica, che però non fu mai registrata. In seguito, in un comunicato stampa dell’arcivescovado di Chiclayo del 10 agosto 2023, la diocesi affermò che la denuncia delle tre suore era stata archiviata sulla base del procedimento della giustizia peruviana, che aveva stabilito la prescrizione dei reati, ritenendo comunque insufficienti le prove, cosa che tuttavia si rivelò una bugia, in quanto nessuna vera indagine fu aperta dalla magistratura peruviana in merito. Com’era, “non dire falsa testimonianza”? Una volta subentrato all’amministrazione apostolica di Chiclayo, il nuovo vescovo ad interim Guillermo Cornejo Monzón (già vescovo di Decoriana e vescovo ausiliare di Lima), dopo aver ricevuto le donne, in possesso di nuove informazioni su come uno dei sacerdoti accusati avesse ammesso proprio a Prevost gli abusi compiuti, ha dichiarato che avrebbe riaperto il caso di fronte al tribunale ecclesiastico, a patto che loro finissero di accusare direttamente Prevost, all’epoca in evidente ascesa in Vaticano. Per questa ragione, il 14 febbraio 2024, Cornejo è stato richiamato a Decoriana da Papa Bergoglio in persona; al suo posto, è stato nominato un vecchio amico di Prevost, il monsignore Edinson Farfán Córdova, che, durante la Conferenza Episcopale Peruviana del 24 agosto, ha informato il monsignor Ricardo Coronado Arrascue, il canonista che avrebbe seguito le suore durante il processo, che non avrebbe più potuto esercitare la sua funzione di difesa legale di clienti davanti al tribunale ecclesiastico. Qualche giorno dopo, la diocesi di Cajamarca, da cui dipendeva il canonista, gli ha comunicato che presso il Dicastero per il Clero era stato depositato un fascicolo, con il suo nome, su un delitto “contra sextum” non meglio precisato (secondo alcune fonti, trattasi di un rapporto stabile con un uomo adulto consenziente), offrendogli la possibilità di fare richiesta volontaria di dispensa dal sacerdozio, ma minacciandolo altrimenti dell’avvio di un procedimento penale e amministrativo. Il 14 settembre, sempre la Conferenza Episcopale ha dichiarato l’inizio del processo a suo carico e l’allontanamento dalla Chiesa. Ad oggi, le tre sorelle abusate non hanno ancora ricevuto giustizia, né ordinaria né ecclesiastica.
Le solite cose…