L’algoritmo dei miei social network sospetto che un po’ mi odii. Non ho capito perché, io sapevo che queste cose di profilazione e di “soft spying” delle multinazionali tech servissero a bombardarti di roba che ti può interessare (per poi o comprarla o votarla, presumo). Invece il mio algoritmo sembra non essere propriamente il mio, sembra quello di un uomo di mezz’età, con un brutto storico elettorale – o semplicemente di un incel. Sul serio, se aprite il feed del mio Instagram, al di là dei contenuti soft porn, che quelli credo stiano nei cellulari di qualsiasi persona sulla faccia della Terra (ultimamente, nello specifico, video di donne che allattano i loro bambini neonati…), ci sono solo post che mi fanno indisporre. È il motivo per cui, quando la mattina mi sveglio, accompagno il fare la cacca con una bella sessione di scrolling intenso, così mi incazzo fin da subito e questo è il modo migliore che ho per cominciare la giornata. L’odio per le persone è un po’ il motore della mia vita, sono un misantropo professionista.
Qualche settimana fa ero su YouTube e mi sono imbattuto in un video. Ora, solo per precisare, io YouTube lo utilizzo seriamente solo per guardarmi le lezioni di Barbero o, al più, recuperarmi le puntate di Otto e mezzo che mi sono perso. E infatti era proprio quello che stavo facendo, solo che lì, nella colonnina di destra, è tipo un catalogo, la parete di caramelle gigante al cinema. Lo ammetto, mi sono messo a scrollare. E, davvero non so se per fortuna o per disgrazia, ho trovato qualcosa che ha attirato la mia attenzione. Non so se per la miniatura del video stesso, cioè questi due uomini-gorilla, con la testa a forma di cappella – scusate se mi cito da solo – che ridono seduti ad un tavolo, con dei microfoni davanti, che, penso sia di comune interpretazione, è l’immagine più pericolosa dei tempi moderni, o forse proprio per il titolo: “Se Sei Un Sensibile Vai Fuori Dai Cogli*ni”. Sarà che mi sono sentito chiamato in causa. Io mi reputo un “sensibile”. Me l’ha detto pure la psicologa. E mia madre.
Il video in questione era un episodio di un podcast, chiamato simpaticamente “Podcasterone”, realizzato, appunto, da due australopitechi barbuti, ‘ste due brande enormi, praticamente avevano i bicipiti più grandi dei loro cervelli, che, per semplicità e anche per questioni di privacy, chiameremo Gianni e Pinotto (e non Petar Duper e Flavio Raponi, che sono i loro veri nomi). Adesso, fermatevi ad immaginare i contenuti di questi energumeni, chiudete gli occhi: la vostra immaginazione vi sta servendo perfettamente! 18 minuti di ragionamenti machisti, misogini, maschilisti e patriarcali. Ora capiamoci, io credo di essere la cosa più lontana da un macho che possa esistere, voglio dire, sono un uomo sì, ma brutto, grasso e depresso, in più, negli ultimi anni ho sviluppato una certa sensibilità e coscienza nei confronti della questione transfemminista, però certe volte anch’io ho delle reazioni abbastanza conservatrici, o comunque, tendo ad andare sulla difensiva, quando si parla dell’argomento. In particolar modo, quel pensiero di “non tutti gli uomini” ha una certa eco nella mia testa, proprio per l’esempio che io stesso rappresento al mio cervello. Solo che la maggior parte delle volte è effettivamente più giusto rendersi conto che gli uomini sono delle bestie. E basta, poi odiarli di conseguenza.
Trovo anche una certa difficoltà a riassumere il contenuto del video, perché non è un vero e proprio dibattito, non è un parlare di conseguenza a quello che l’altro dice, sono semplicemente Gainni e Pinotto che fanno minchiarimento allo stesso tempo, non uno all’altro, ma alla telecamera (e a quelle povere persone disgraziate che erano sedute dietro). Vabbè, i concetti sono sempre gli stessi: “L’uomo è fatto per sborrare, la donna per portare avanti la specie”, “L’uomo ha l’istinto di scoparsi tutte, le donne sono tutte puttane”, “Se perdoni la tua donna quando ti ha tradito, sei un coglione e puzzi di estrogeni”, “Le donne sono rimaste le stesse di sempre, gli uomini si stanno trasformando in donne” e tutte queste belle cose (sto citando testualmente, nessun lavoro di interpretazione). Ho sinceramente sperato che stessero scherzando, che stessero interpretando una parte, e un po’ ancora ci spero, anche se nel frattempo continuano a uscire altri agghiaccianti episodi.
Ora, andando a spulciare la sezione commenti del video, si riesce a capire quale sia il vero problema con la questione di genere, almeno in Italia: il dibattito interno alla categoria è praticamente nullo, gli unici commenti che cercano di smentire in maniera accurata, senza provocare ulteriore caos, o anche semplicemente di creare un dialogo, sono quelli di donne o persone appartenenti alla comunità queer. Gli uomini si limitano o a insultare, o a decolpevolizzarsi o a fare battute su Filippo Turetta. La verità è che, come continuano a ripeterci ormai da anni, noi uomini non facciamo davvero un cazzo, quel “lavoro sporco” che ci viene richiesto, ovvero di parlare con soggetti come quelli del video di sopra, lo abbiamo scansato, coprendoci con le nostre classiche scuse: “Io una donna non l’ho mai uccisa”. Intanto la cronaca ci tiene sempre a tenerci aggiornati sugli avvenimenti del nostro tempo: secondo l’Osservatorio nazionale di Non una di meno, dall’inizio del 2025, ci sono stati 16 femminicidi (tra cui quelli recentissimi di Ilaria Sula e Sara Campanella, che hanno avuto una risonanza mediatica maggiore), 2 suicidi di donne, 1 suicidio di ragazzo trans, 1 suicidio di persona non-binary, più 4 casi in fase di accertamento. E, anche se, studiando l’andamento di questi crimini negli ultimi anni, sembra esserci la tendenza alla discesa, anno dopo anno, il problema resiste e persiste.
E volete saperla la cosa migliore? Uno dei due scimmioni, il sior Petar Duper, è uno psicologo, c’è pure il suo profilo LinkedIn online: laureato con 110 e lode nel Corso di Laurea Triennale in Scienze Sociali e del Lavoro (Luglio 2011), all’Università degli Studi di Padova, poi con 106 nel Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, del Lavoro e della Comunicazione (Giugno 2013), sempre all’Università degli Studi di Padova, e, dal 29/01/2020, iscritto alla sezione A dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto, con il numero iscrizione 11557.
Chissà che belle sedute…