Piovre #11: Bergoglio fan club

Questo pezzo non lo volevo scrivere. Perché oggi è 25 aprile, io volevo fare una bella vignetta sul duce, scrivere due cose per farmi odiare ancora di più da tutti i miei amici mezzi fasci che leggono le cazzate che scrivo e placare i miei desideri antifascisti, per la Festa della Liberazione (da brava zecca, quale sono). Poi però lunedì è morto il Papa. Oh, badate bene, che il vecchio sia morto, francamente, a me non frega un cazzo. I vecchi questo fanno: muoiono, o almeno dovrebbero. E verosimilmente mi ha fatto pure piacere, comunque un uomo malato di 88 anni è pure giusto che a una certa muoia. Immagino che tutte le preghiere dei fedeli per la salvaguardia della sua salute lo abbiano tenuto in vita per questi ultimi mesi (o magari era il primo che, coricandosi, pensava: “Basta pregare per me, fatemi morire in pace, ingordi maledetti!”). Anche perché, lo avete visto durante l’omelia di Pasqua? Parlava dal pulpito come parlano più o meno certe persone che conosco il venerdì sera… Per giunta, non è che io sia proprio definibile un religioso, anzi, penso di essermi masturbato così tanto, in questi miei primi 23 anni di vita, da meritare di sicuro la dannazione eterna (in caso).

Quindi non mi frega un cazzo. Come si dice in questi casi, “morto un Papa, se ne fa un altro”, che è, per giunta, la frase simbolo di quel desiderio conservatore che ci appartiene come specie. Quello che mi ha fatto cambiare idea, però, è stata tutta la macchina mediatica che si è messa in moto in questi ultimi giorni. Devo dire che i video motivazionali da maschi sigma sui reel di Instagram già mi sembravano dei contenuti abbastanza ridicoli, ma, finché erano fatti da uomini con la testa a forma di cappella, non mi causavano generalmente grandi scompensi emotivi, quando poi hanno cominciato con le frasi del Papa: “Voliamoci bene, frateli e sorele…”. Ma il problema non è neanche quello, o tutte le solite teorie complottiste su possibili sosia o sul fatto che sia morto, guarda un po’, proprio nell’anno del Giubileo. Che comunque, quando cercavo casa a Roma, settimane fa, mi era capitato di dire una roba tipo: “Tu pensa il funerale del Papa durante il Giubileo. O l’elezione di quello nuovo”. Io scherzavo, però, e può darsi che fossi pure ubriaco.

Parlare a vanvera, o per frasi fatte, sembra essere il jolly dell’attuale classe dirigente mondiale: i vari capi di stato, in questi giorni, hanno espresso la loro vicinanza al Vaticano e al mondo per la scomparsa di Bergoglio, sciorinando una superficialità e un qualunquismo tipici della natura approfittatrice dell’attuale classe politica internazionale. Da Macron a von Der Leyen, passando da Trump e Merz, il pontefice è stato raffigurato come “il Papa degli ultimi”, guida per “milioni di persone, con la sua umiltà e il suo amore per i meno fortunati”, professando “che la Chiesa debba portare speranza ai più deboli”. Quello che mi chiedo è dov’era tutta questa considerazione per Francesco, quando predicava la pace e la riconciliazione, quando parlava, già nel 2014, di “guerra mondiale a pezzi”, dell’Ucraina, della Palestina. O forse “gli ultimi”, nella testa di questi signori, sono solo i mendicanti francescani che fanno l’elemosina, non quelli che muoiono sotto le bombe. La verità è che delle parole del Papa, ma del Papa stesso in realtà, a nessuno è mai fregato un cazzo, su questo mi sento di essere abbastanza allineato, a questo punto. Solo l’ennesimo strumento di divulgazione di propaganda, in vita e – a quanto pare – pure in morte. Le uniche due figure che non si sono sbilanciate troppo sono state, vai a vedere, Netanyahu, che ha fatto ritirare le condoglianze per il pontefice, probabilmente a causa delle sue posizioni non proprio in linea con il governo israeliano su Gaza, e Putin, che non sarà a Roma per i funerali, per paura dell’ipotetica attuazione del suo mandato di arresto internazionale (vabbè che tanto in Italia ai criminali di guerra offriamo pure i grappini, tra un po’).

La glorificazione del super Papa si è materializzata pure sui giornali: “La chiesa non sarà più la stessa”, titola Repubblica il commento di Ezio Mauro, martedì 22 aprile, oppure “Passione e morte del Papa rivoluzionario”, Gabriele Romagnoli, sempre Repubblica. Voglio ricordare agli articolisti di REPUBBLICA che il Papa, al di là di guida spirituale, è un MONARCA, anche tra i più conservatori, e definirlo “rivoluzionario” solo perché gesuita, non europeo e in qualche modo progressista rischia di suonare cacofonico. Come si può essere progressisti se si è il capo 88enne di un’organizzazione conservatrice per natura come la Chiesa poi qualcuno me lo deve spiegare: “Il grande nemico è la teoria del gender” (2016), “L’eutanasia è un crimine contro la vita” (2020), “C’è già troppa frociaggine in giro che non fa bene” (2024), “L’aborto è omicidio, i medici che lo praticano sono sicari” (2024). Se fosse il 1950, l’avanguardia proprio!

In Italia, poi, la farsa ha raggiunto definitivamente il suo apice con il lutto nazionale esteso, guarda guarda, per tutta la settimana. “Mi auguro un 25 aprile sobrio”, ha detto lo scorso martedì il ministro della protezione civile Nello Musumeci, provocando reazioni per niente tranquille dell’opposizione, dai partiti ai sindacati. Gli va sempre di culo a ‘sto governo, non c’è un cazzo da fare. Anche qui, i giornali si sono superati: “Elly iscrive il Papa al PD” (Libero) e “La sinistra arruola il Papa partigiano” (Il Giornale). Sarà che Sechi e Sallusti si sono messi d’accordo, ma fa comunque ridere come PD e partigiani siano la stessa cosa, per certe persone.

Sta di fatto che, ovunque lui sia, al povero Jorge staranno fischiando fortissimo le orecchie.