Il 14 luglio 2011, sull’inserto speciale de Il Secolo XIX (quotidiano genovese, all’epoca diretto da Umberto La Rocca) per il decennale del G8 di Genova, i giornalisti Graziano Cetara e Matteo Indice pubblicano l’articolo Nessuno paghi per la Diaz, in cui si evidenzia, oltre alle numerose anomalie processuali (nello specifico, riguardo le notifiche degli atti relativi ai ricorsi degli uomini dello Stato imputati, che avrebbero potuto portare il processo a un rischio concreto di oltrepassare i termini di prescrizione), come molti dei responsabili indagati, nonostante le condanne in Appello, avessero poi fatto carriera o fossero in qualche modo stati promossi. Ma d’altronde, le condanne non erano ancora definitive…
La solita guerra – tutta italiana – tra garantismo e giustizialismo.
Il 5 luglio 2012, dopo quasi 10 anni, tra indagini e processi, la Corte di Cassazione conferma in via definitiva le condanne per le vicende accadute tra il 19 e il 22 luglio 2001, durante il G8 di Genova, confermando l’impianto accusatorio della Corte d’Appello, che si era espressa già il 18 maggio 2010. Convalida così la condanna per: Francesco Gratteri e Giovanni Luperi a 4 anni; Gilberto Caldarozzi e Filippo Ferri a 3 anni e 8 mesi; Vincenzo Canterini a 5 anni (poi, solo in parte convalidata, a 3 anni e 6 mesi). Prescrive invece i reati di lesioni gravi contestati a nove agenti del settimo nucleo speciale della squadra mobile, non riuscendo ad identificare neppure quelli che avevano ridotto in coma il giornalista inglese Mark Covell (risarcito di soli 4 mila euro per essere stato “calunniato” da alcuni agenti).
La cosa strabiliante – e c’è davvero da complimentarsi con chi di dovere – è rendersi conto di come alcuni dei condannati, al momento della sentenza, ricoprivano ruoli di grande rilievo all’interno delle forze dell’ordine italiane: Gratteri, direttore dello Sco (Servizio centrale operativo), nel frattempo, era diventato capo della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato; Luperi, all’epoca dei fatti, vicedirettore dell’Ucigos (l’Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali, la “nostra FBI”, volendo), poi capo del reparto analisi dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna); Canterini, ex dirigente del Reparto mobile di Roma; Caldarozzi, che era stato capo della Polizia ai tempi del G8, era diventato capo dello Sco durante i 10 anni di processo e, dopo la condanna in Cassazione, era stato prima assunto come consulente alla Finmeccanica (oggi Leonardo S.p.A.), di cui era presidente l’amico Gianni De Gennaro, e poi nominato vice-capo della Direzione Investigativa Antimafia nel 2017, durante il governo Renzi, dal ministro dell’interno Marco Minniti, del Pd.
Negli atti depositati dai giudici il 10 febbraio 2009, dopo la sentenza di primo grado, si legge: “In uno stato di diritto non è invero accettabile che proprio coloro che dovrebbero essere i tutori dell’ordine e della legalità pongano in essere azioni lesive di tale entità, anche se in situazioni di particolare stress”.
Malfidati! Forse i giudici di Genova sottovalutavano la cultura dell’impunità che c’è in Italia. Principianti!
Non è bastata, evidentemente, l’aggravante etica della condanna definitiva in Cassazione al ministro Matteo Piantedosi per nominare come nuovo questore di Monza-Brianza proprio Filippo Ferri. C’è questa tendenza dei governi italiani a riempire i gangli del potere di pregiudicati. Poi oh, se vuoi partecipare ad un concorso pubblico, non sia mai, fedina penale intonsa! Se vuoi scalare le gerarchie delle istituzioni, invece… Ne possiamo discutere!
“È al dottor Ferri che vanno sostanzialmente riferiti il momento decisionale e l’elaborazione tecnico-giuridica relativi alla scelta di contestare agli occupanti il reato di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio”, scrivono i giudici della Corte di Cassazione nei riguardi del futuro questore di Monza-Brianza (in carica dal 1 giugno prossimo), condannato per falso aggravato e calunnia a 3 anni e 8 mesi (pena coperta in parte da un indulto di 3 anni e scontata per i restanti 8 mesi agli arresti domiciliari), a causa della falsificazione delle prove (tra queste, le due molotov introdotte nella scuola dagli stessi agenti), per giustificare gli abusi commessi nella Diaz.
Figlio dell’ex segretario del Psdi e ministro dei lavori pubblici Enrico Ferri e fratello dell’ex membro del Consiglio Supremo della Magistratura, nonché ex sottosegretario alla giustizia, Cosimo Ferri, il buon Pippo vanta un curriculum di tutto rispetto: tra il 19 e il 22 luglio del 2001 è a Genova in qualità di capo della squadra mobile di La Spezia e, durante il processo, viene promosso a “superpoliziotto” a Firenze. Nel 2012 toglie la divisa a causa dei 5 anni di interdizione dai pubblici uffici disposta dalla Cassazione, ma, nemmeno tre mesi dopo la condanna, viene assunto come responsabile della sicurezza dall’A.C. Milan (“Mi conscenta!”). Certo che, per lavorare per Silvio, bisogna essere per forza pregiudicati (se non direttamente mafiosi), come lui. Nel 2013, su decisione dei vertici del club, Berlusconi e Galliani lo “promuovono” a tutor di Mario Balotelli, che comunque mi sembra un ottimo punto di arrivo nella vita di una persona, una cosa di cui vantarsi alle cene, un motivo di orgoglio per la propria famiglia. Fare da babysitter a un ragazzino viziato e permaloso, che prende 20 o 30 volte il tuo stipendio… Ci sta! Attualmente dirigente della Polfer lombarda (la Polizia ferroviaria della Lombardia), domenica prossima prenderà la guida della questura di Monza-Brianza, sostituendo Salvatore Barilaro (detto il “gentiluomo”), trasferito a Pisa.
Risposta comprensibilmente amara da parte delle opposizioni.
Il Pd chiederà un’interrogazione parlamentare e, in una nota ufficiale, si legge: “Riteniamo doveroso che il ministero dell’Interno chiarisca le ragioni di una decisione tanto simbolicamente forte quanto divisiva […]. Come Partito democratico continueremo a vigilare affinché le istituzioni del nostro territorio siano guidate da figure che sappiano incarnare fino in fondo i valori della legalità, del rispetto dei diritti e della fiducia democratica”. E allora i cittadini di Monza-Brianza possono stare sereni: è arrivato il vigilante!
AVS: “Riteniamo che affidare ruoli di responsabilità d’ordine e pubblica sicurezza del territorio a chi ha violato la fiducia tra cittadino e istituzioni, come accaduto durante il G8 di Genova nel 2001, a cui molti nostri iscritti hanno assistito e partecipato come manifestanti pacifici, sia un segnale lesivo”. Ah, c’eravate pure voi? Comunisti!
Ilaria Cucchi (che di sbirri ne sa qualcosa): “La scelta di nominare Filippo Ferri a questore di Monza è una vergogna assoluta che solleva diversi interrogativi […]. Affidare la responsabilità della sicurezza pubblica di una città a chi ha disonorato la divisa e la funzione pubblica significa legittimare una cultura dell’impunità e della menzogna inaccettabile”. “Legittimare”? Come se non fosse esattamente così da decenni…
M5S: “È un segnale allarmante, che si inserisce in un processo lento ma costante di restringimento delle garanzie democratiche”. “Ma il governo è stato democraticamente eletto! Gne gne. Puzzoni cattivi antidemocratici!”.
Nel frattempo, la lista civica LabMonza, che occupa la maggioranza dei banchi del consiglio comunale brianzolo, invita i cittadini a firmare una lettera al ministro Piantedosi, nella quale viene chiesto il ritiro della nomina al neoquestore. Lettera che, negli ultimi giorni, firmata da diversi esponenti della politica locale e nazionale, ha acquisito una certa risonanza, ma che, a naso, mi sembra porterà a un nulla di fatto.
D’altronde, quando uno è bravo…